Dungeons and dragons

La locandina

di Courtney Solomon (2000)

Autori della recensione: Maxoverdrive

Dungeons and dragons... il genere Fantasy grida vendetta!
Ok, ok, il fantasy è sicuramente il genere più a rischio “trash”: nerboruti omaccioni glabri e rivestiti di semplici perizoma, tettone leopardate perennemente in calore, maghi strambi le cui stregonerie vengono portate su celluloide con effetti speciali da baraccone, re e regine ricoperti di bigiotteria da 2 soldi, città di cartapesta e mostri di gommapiuma. Ma a tutto c’è un limite, e naturalmente ci sono pellicole che tutti i limiti del buon gusto riescono a infrangerli: Dungeons and dragons è una di queste rare perle del Brutto con B maiuscola che riescono a portare l’autopunizione dello spettatore oltre ogni immaginazione.
Allacciatevi le cinture e cominciamo: l’impero di Izmer, evidente allegoria dell’impero Americano, è da sempre uno stato sorretto sulla base dell’apartheid fra la classe sociale dominante dei Maghi, i Ricchi, gli Spocchiosi ecc... ecc... e il Secondo Stato, praticamente tutti gli altri, che sinteticamente non contano un cazzo. Ora, la cara e buona imperatrice Savina (praticamente la versione guerrafondaia dell’imperatrice Bambina della Storia Infinita) decide, pare da un momento all’altro, che la cosa non le sta più bene e che in nome del benessere del popolo (in questo film l’uso del termine popolo è così populista da far imbarazzare Peròn) che tutti debbano avere gli stessi diritti nel suo impero. Naturalmente cambiare la Legge Costituzionale per la bambina piena di alti ideali sembra troppo facile quindi la dodicenne decide di imporre la sua volontà per mezzi molto poco legali e molto dittatoriali: solo lei, infatti, detiene il bastone per dominare i Draghi d’Oro e minaccia il consiglio dei Maghi (ridicolmente assemblati sui loggioni del teatro La Scala) di scatenare una guerra civile contro di loro. Trattata naturalmente come una povera ebete dalla classe dominante, per sopperire allo scacco il temibile e malvagissimo mago Profion (interpretato da un Jeremy Irons al nadir assoluto della sua carriera!) trama quindi di impossessarsi del Bastone dei Draghi Rossi, una specie ancora più letale dei Dorati (che nel gioco sia il contrario pare non importasse molto a quell’ebete dello sceneggiatore) per usarli contro l’imperatrice e realizzare il suo sogno di golpe alla Pinochet con annessa dominazione del mondo.
La giovane ed eroica imperatrice, però, subodora il terribile piano e dopo essere ridicolizzata di fronte all’assemblea dei Maghi, dalla sua reggia (in realtà una chiesa barocca italiana riempita di tamarrate per nasconderne la cattoliticità ma nella quale fanno sfoggio le panche per i fedeli) decide di ordire il suo piano di guerra preventiva incaricando una giovane diplomata all’accademia della magia alquanto incapace nelle materie (ma abbastanza spocchiosa e cagacazzi da trovare il bastone dei draghi rossi prima del perfido Profion) che ha già sguinzagliato per la cerca il suo erculeo guerriero Damodar, caratterizzato dal rossetto blu fluorescente, con incluso uno schifossimo parassita creato con una obbrobriosa Computer Graphics per assicurarsi la totale fedeltà.
Ben presto la stronzetta maga da strapazzo diventerà la ricercata numero 1 dell’impero in seguito al golpe di Profion e, per realizzare la sua missione, non troverà di meglio da fare che assoldare la solita sgangherata banda di personaggi del gioco di ruolo, tutti assolutamente assurdi e improbabili: i due ladri sgangherati, di cui quello di colore ovviamente finirà amazzato, che blaterano di onore della categoria, un raro esemplare di nano gigante (è alto come gli altri...) vagamente rincoglionito e sotto l’effetto di stupefacenti, un’elfa di colore (mai visti, ma evidenti algide bionde erano state scartate in quanto troppo ariane e politically incorrect nell’ottica della Grande Famiglia Razziale Americana) dall’armatura tanto inutile quanto imbarazzante in quanto oltre ai tradizionali addominali sono forgiati anche i capezzoli e le areole, con relativi improbabili cacciatori elfici.
Con questo formidabile aggregamento di risorse umane e non la caccia al bastone può cominciare, sempre tallonati dal temibile guerriero dal labbro bluastro che alla fine riuscirà nell’intento di fregare la sfigatissima compagnia di avventurieri da strapazzo.
A quel punto la scelta dell’imperatrice Bambina è repentina: vestita con una grottesca cotta di maglia disegnata da Armani scatena tutte le forze dei draghi d’oro a sua disposizione in un attacco preventino contro i maghi golpisti prima che il malvagio Profion possa avere fra le mani il bastone dei draghi rossi. L’arrivo del gruppo dei personaggi assieme a quello di Damodar segna l’apoteosi del Cattivo Gusto, con una battaglia in CG patocchissima fra i draghi rossi e oro sullo sfondo di una città magica falsa come una banconota da 9 euro e 99 cent.
L’osceno combattimento finale, in cui il bastone dei draghi rossi viene spezzato, termina con la catarchica digestione di Profion da parte del Drago D’oro personale dell’imperatrice, ma non segna la fine delle sofferenze del malcapitato spettatore che raggiungerà l’apoteosi dell’autopunizione cinematografica con il delirante discorso politico sulla tomba del ladro di colore ammazzato (anche il bianco per la verità era morto ma naturalmente è l'unico ad essere resuscitato alla faccia dell’ipocrisia razziale polically correct che ufficialmente permea la pellicola), un delirio di farisei buoni sentimenti sull’uguaglianza, la libertà e il sacrificio che farebbe arrossire anche lo stesso George Bush.
Tirando le conclusioni, raramente un FilmBrutto toppa su tutto ma il film di Dungeons and dragons svetta trascendendo la categoria del Brutto per anelare alla categoria aristotelica dell’Osceno; in effetti in questo film tutto fa veramente schifo: i costumi, gli effetti speciali, la trama, la recitazione, tanto da far pensare che la stessa TSR pensi che i giocatori del suo gioco di ruolo siano dei poveri decerebrati per proporre una porcata di questo livello, ma probabilmente il lato più rivoltante di questa trashata è indubbiamente la visione demenziale della politica vista come un mezzo per far felice il popolo bue non grazie ai mezzi legali quali una rappresentazione politica oppure una Costituzione ma tramite un gruppo di cerebrati belli, buoni e pieni di buone intenzioni che combattono il Male Assoluto incarnato da parlamenti, leggi e istituzioni.
Nota conclusiva per un personaggio assurdo e senza senso, probabilmente aggiunto per mostrare altri effetti speciali: si tratta dell’alieno triocchiuto tratto da Deep space nine che si aggira nel bazar della città controllata dalla Gilda dei Ladri: evidentemente il tunnel spaziale fra il Quadrante Alfa e Delta della nostra galassia ha toppato inviando il malcapitato nel mondo di D&D.

Paese USA
Attori principali Jeremy Irons e una banda di dementi
Genere Azione
A chi è consigliato Ai fan dellautopunizione estrema che amano l’esportazione della democrazia
Se ti piace guarda anche Una conferenza stampa dell’amministrazione Bush con il presidente vestito da guerriero, Condoleezza Rice da elfa di colore, il governatore Swartzenegger da barbaro e Dick Cheney da nano con i capelli di Milva sul mento
Reperibilità Altissima
Voto


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