Delirio di sangue

Locandina

di Sergio Bergonzelli (1988)

Autori della recensione: Marchiño

Bergonzelli tenta il colpo grosso, cercando di proporre con Delirio di sangue un film malato ma ispirato come il capolavoro Buio omega di Joe D'Amato. Purtroppo fallisce miseramente.
La storia narra di Saint Simon, un pittore misantropo e maledetto da molti creduto la reincarnazione di Van Gogh (anche meno eh...), che dopo la morte della moglie cade in forte crisi visto che l'ispirazione per dipingere gli veniva dalle note suonate dalla consorte al pianoforte. L'incontro casuale con Sibille, giovane donna identica alla defunta e per giunta pianista di professione, sembra poter dare nuova vita ai dipinti di Saint Simon ma la breve convivenza al suo castello finisce per scatenare la latente follia del pittore, che asseconderà le malvagie pulsioni violente ed omicide del suo maggiordomo pur di avere il "prezioso colore" per i suoi dipinti, cioè il sangue di vittime innocenti.
La parola delirio ben si confà a questa pellicola visto che la sceneggiautura è il risultato di una accozzaglia di scene affiancate l'una all'altra senza troppi collegamenti logici giusto per mostrare qualche elemento di possibile turbamento per lo spettatore. Ma il solito stupro, una scena di necrofilia, un paio di ragazze sgozzate ed un pittore che dipinge col sangue che sembra pommarola da soli non bastano per realizzare un cult, se la regia e la recitazione degli attori non sono adeguate: ecco quindi che scatta feroce l'autopunizione, mitigata fortunatamente da qualche spunto involontariamente ridicolo e divertente.
I dialoghi (e i monologhi) spesso sono deliranti (appunto...), come testimonia una delle prime scene nella quale una misteriosa voce si presenta a Sibille dicendole che è "un'altra parte di sé stessa" e vaneggiando di un futuro che lei vede benissimo ma che ancora Sibille deve vivere (e questo ci sembrava ovvio!). Magistralmente B sono i due lisergici piani sequenza in cui appaiono delle misteriose palle di luci che scatenano visioni grottesche di un volto femminile che ride beffardo (avrebbe valso davvero la pena se il film fosse stato così nella sua interezza), mentre frutto della mente malata di qualcuno sono i ridicoli quadri che fanno bella mostra di sé nelle stanze del castello: il migliore è senza dubbio quello intitolato "Satana genera l'universo", nel quale si vede un diavolaccio spruzzare un imprecisato liquido bianco dalle terga.
Chi riesce ad arrivare alla conclusione apprezzerà sicuramente anche il piano sequenza finale nel quale la ormai dilagante follia di personaggi, sceneggiatore e regista si sublima nell'inatteso quanto incomprensibile crollo delle pareti dello studio di Saint Simon, che rimane ucciso insieme al suo maggiordomo. È sicuramente quest'ultimo il personaggio più accattivante del film, se non altro per il fatto che è interpretato dallo stesso attore che ne La croce dalle sette pietre interpreta il vecchio seguace di Aborym.

Paese ITA
Attori principali John Phillip Law, Brigitte Christensen, Gordon Mitchell, Marco Di Stefano, Olinka Hardiman, Lucia Prato
Genere Horror
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Reperibilità Bassissima
Voto


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